The Last Jedi e il giocattolo Star Wars
Il franchise di Star Wars (mi scuseranno, in molti, se uso questo termine, parecchio “commerciale”, e non altri come “la leggenda”, “il mito” et similia) è talmente diffuso e trasversale a livello planetario che pensare che questo ottavo (e di certo, non penultimo) episodio potesse mettere d’accordo tutti era un’illusione pura e semplice.
Ogni film di Star Wars viene preceduto da decine (se non centinaia) di teorie, ricostruzioni, aspettative e semi-certezze: si arriva alla prima che in testa ci si è già fatti il proprio Star Wars personale, e se questo si discosta dai binari, allora il mito non è più tale, allora la Disney profittatrice, allora i bimbominkia, allora il mio falegname con trentamila lire lo girava meglio eccetera eccetera eccetera.
Salvo poi andarselo a rivedere una, due, enne volte, felpa con cappuccio Jedi e spada laser da supermercato (firmata Disney), per tornare a discuterne, a smontarlo e rimontarlo sui social, a condividere meme, a scapicollarsi a dire la propria in qualsiasi discussione capiti a tiro.
E tutto questo è (anche) Star Wars. Perché è patrimonio di tutti, non solo di chi compra il biglietto per vederselo (una, due, cento volte), ma anche di chi proprio non riesce a fare finta – magari, suo malgrado – che l’universo immaginifico creato da Lucas non esista e faccia parte della nostra cultura, fino a entrare nei modi di dire, nei luoghi comuni, nella vita di tutti i giorni.
Un franchise, certo, come vi ricorderanno i più cinici.
Pupazzetti, tazze, giocattoli e libri da colorare. Ci mancherebbe, è così che funziona.
Ma alla base di tutto, c’è un giocattolo più grosso, che – ormai a cadenza biennale – viene caricato e messo sul tappeto, e tutti noi non possiamo che guardarlo muoversi ed emettere luci e suoni facendo “ooohh”.
Star Wars è il giocattolo di milioni di grandi e piccoli, e come tale va preso.
Molti esagerano (probabilmente) e ne hanno fatto il loro credo e la loro religione, ma sapete che c’è?, ognuno è libero di pensarla come gli pare, e di scegliersi i miti che preferisce.
Le regole del gioco
The Last Jedi è il giocattolo di questo biennio, ed è sfavillante nella sua confezione e nel contenuto. Una volta scartato, partono i soliti titoli di testa in prospettiva, e siamo tutti proiettati in un’altra galassia, dove continuano ad accadere le storie che qualcuno ha scritto per noi e che a noi piace pensare vere.
Nel giocattolo The Last Jedi, ci sono buoni e cattivi, c’è mistero e rivelazione, c’è ritmo, siparietti comici (troppi, ha detto qualcuno), momenti epici, battaglie nello spazio, volti noti e altri nuovi di zecca, macchiette e comparse, grandi ritorni e illustri scomparse.
C’è una storia che, nonostante la sceneggiatura abbia i suoi buchi, fila dritta per due ore e mezza, sostenuta – più che dalle prove attoriali o dagli effetti speciali – dalla nostra stessa voglia di vederne ed averne di più, sempre di più.
Perché, come tutti i giocattoli, The Last Jedi funziona ed è vero solo se noi giochiamo con lui.
Solo se scendiamo a patti con la nostra incredulità, se accendiamo il ragazzino (o il nerd) che abbiamo dentro e non sta troppo a sottilizzarsi se la gente si parla attraverso l’iperspazio alla radio come due che si parlano al citofono o se la nave ammiraglia della Resistenza non ha un pilota automatico e deve restare a bordo una poveraccia a immolarsi… perché se si piglia questa strada allora tanto vale smettere di guardare o leggere qualsiasi opera di fantasia (e non solo Star Wars, ma anche qualsiasi altra saga possa venirvi in mente, alla base della quale c’è sempre un tizio – un soggettista, uno sceneggiatore, uno scrittore – che mordicchia la sua matita guardando fuori dalla finestra e pensando “e ora, che potrebbe succedere?”).
The Last Jedi ce la mette tutta, ragazzi, a farvi divertire.
Mette in scena tutto quello che ha.
Cavalieri Jedi e duelli alla lightsaber? Ci sono, e non vi faranno rimpiangere quelli che già avete visto e che avete mandato a memoria.
Imperiali cattivi con astronavi a forma di fetta di pizza grosse come condomini ma che fanno – una volta di più – la figura degli imbecilli? Eccoveli.
Esplosioni scenografiche? Ce ne sono di bellissime.
Eroi senza macchia? Che ve lo dico a fare.
Personaggi di contorno e comprimari? Ce ne sono di vecchi e nuovi, di umani e sintetici, potrete odiarli od amarli ma – come diceva quel vecchio spot – non potrete ignorarli.
C’è la Forza che aleggia su tutto e trova nuove strade e nuovi modi di palesarsi.
Ci sono nuovi, magnifici costumi.
The Last Jedi: i nuovi costumi
Le Guardie Pretoriane
Ammettiamolo: quando le abbiamo viste per la prima volta sulla scatola dell’action figure Disney ci sono sembrate dei pupazzetti scemi, ma una volta visto il film abbiamo dovuto ricrederci: sono fighissime.
Il team ELITE PRAETORIAN GUARDS – Made in Italy project (composto da eccellenze del mondo prop italiano come Andrea Starchild di Virgilio e Armando Elefante) sta preparando un raffinato kit di montaggio, armi comprese, da assemblare e rifinire autonomamente. Il kit base comprende:
corpetto, braccia, spalle e schinieri in ABS e kit in vetroresina dell’elmo (realizzabile nelle tre varianti a scelta).
Le armi possono essere in resina oppure in materiale più leggero, adatte per il combattimento.
La Resistenza e il Primo Ordine
Tra la Resistenza ci sono talmente tanti costumi e divise diverse che non faticherete a trovare un personaggio di cui portare il cosplay (vi dò giusto qualche spunto: lei, lei o lui), le uniformi del Primo Ordine, se riuscite a digerire quel cappellino, sono elegantissime che sembrano disegnate da Jean-Paul Gautier, i più attenti di voi avranno colto le differenze nel nuovo outfit di Kylo Ren e persino Rey si è liberata di quegli orrendi stivaletti pelosi per un look più aggressivo (QUI).
Vi consiglio come preziosa (e autorevole) fonte di reference QUESTO volume qui, che a fronte di un prezzo contenuto, vi mostrerà dettagli e accessori di tutti, ma proprio tutti i personaggi presenti nel film.
Il film, dicevo.
Ci sono nuovi pianeti (che strizzano l’occhio ad altri già visti, vero) e nuove location, ci sono sacrifici, eroismi, meschinerie, meccanismi narrativi stravisti (e che citano e omaggiano qua e là, ma soprattutto all’Impero Colpisce Ancora) ma con una nuova mano di brillante vernice.
Ci sono anche momenti fiacchi e poco riusciti (a chi scrive, ad esempio, tutta la sequenza sul casinò di Canto Bight e della galoppata che lo distrugge è parsa noiosa, lunga e pretestuosa), ma anche altri esaltanti (l’artiglieria pesante del Primo Ordine che concentra il fuoco su Skywalker, per dire la prima che mi viene in mente).
Ci sono personaggi (Kylo Ren) che hanno una crescita e si definiscono meglio e altri (Finn) che restano più al palo sotto questo profilo, c’è la compianta Leia che – a parte una discussa scena un po’ kitsch – più di tanto alla storia non porta, c’è un alter ego “cattivo” di BB8, e, ragazzi, chissà quanto altro mi sono dimenticato e che comunque serve poco che stia qui ad elencarvi.
Probabilmente avrete già visto The Last Jedi e vi sarete fatti un’idea vostra, che magari cambierà pure – in meglio o in peggio – alle successive visioni (perché, lo sappiamo tutti, fa parte del gioco premere compulsivamente il pulsante “Play it again”) quindi non mi dilungherò ancora.
Ricordatevi solo questo: Star Wars è un giocattolo.
Grande, enorme, che serve a divertirvi, a far sognare, a volare.
È la spada laser che impugna il ragazzino nell’ultima sequenza.
È sapere che avrete sempre un nuovo episodio da guardare.
Godetevelo. Non state troppo a cercare di aprire lo scomparto delle pile, che potreste romperlo. Che non esiste niente di più triste al mondo di un giocattolo rotto.