
Ghost in the Shell – recensione

Potrei parlarvi del fatto che un Fuchikoma viene chiamato blindoragno.
E chiuderla qui.
Oppure potrei approfondire, e dirvi che a Motoko Kusanagi riscrivono ex novo le origini e da rappresentante di una specie evoluta di cyborg senzienti diventa una povera disgraziata a cui pigliano il cervello e lo trapiantano in un corpo robotico per farne un poliziotto invincibile.
Sì, in pratica un remake di Robocop. Ma come se lo avesse scritto un ragazzino di terza media, e per un pubblico di suoi coetanei.
Oppure che Togusa ha una parte di dieci secondi.
Che non c’è politica.
Che non ci sono tutti i temi sull’etica dell’intelligenza artificiale, l’unicità e la diversità, l’evoluzione, la scelta, i cambi di paradigma e le questioni filosofiche che il manga sollevava.
Che Motoko cammina come una scimmia e non cambia mai espressione.
Che invece di indossare gli outfit fighissimi del manga va in giro con un bomberino di quelli comprati ai negozietti di surplus militari.
Che non c’è un’idea visiva originale che sia una.
Che il Burattinaio è stato trasformato in un ragazzetto emo cyborg e che le sue motivazioni sono identiche a quelle di mille altri.
Che mentre lo guardi ti viene da pensare che Johnny Mnemonic e il Nirvana di Salvadores erano molto più avanti.
E via dicendo.

Si è posta attenzione a riprodurre molte inquadrature dell’anime. Ma è un’operazione sterile che aggiunge poco al film.
Ma sapete che c’è? È inutile. Perché la cosa che fa più rabbia di questa versione live action di uno dei più importanti manga di sempre non è che è noiosa e risibile se messa in confronto con il capolavoro di Shirow o l'(ottimo) anime di Mamoru Oshii.
È che si è fatta superare da tutti.
Tutto quello che si vede nel film l’abbiamo già visto e rivisto, oltre che in Johnny Mnemonic e Nirvana, in Strange Days, Robocop, Automata, I, Robot, Eva, Il Quinto Elemento e persino ne Il Tagliaerbe.
In tutti questi (e altri) film si parlava di roba che c’era già nel manga, che è del 1989.
Arriva il 2017, arriva questo Ghost in the Shell che dovrebbe dire: “ehi, tutti questi tizi prima di noi hanno solo copiato. Eccovi l’originale”, e non riesce a fare meglio di nessuno, nemmeno quando si sforza di rifare quelle due o tre sequenze dell’anime entrate nell’immaginario di tutti.
Perché banalizza, sorvola, minimizza, indulge, peggiora.
Peccato, perché i mezzi c’erano. E la Johannson non era manco la parte peggiore dell’operazione.
E l’unico merito che ha questo film è che ti fa venire voglia di rivedere il blu-ray dell’anime.
Un'occasione sprecata
73%
Arrivato troppo tardi? Ghost in The Shell è stato un manga innovativo, e anche l'anime si è guadagnato un posto d'onore nel cinema d'animazione: ma questo live action insegue, senza raggiungere, e tradisce lo spirito della storia originaria.